giovedì 19 febbraio 2015

Grazie Albert Espinosa!


Avete mai visto un bambino di due anni e mezzo, un terremoto di bambino, farsi spazio sul divano e stare  lì fermo, in silenzio, con gli occhi puntanti al televisore che non trasmette un cartone animato ma un film? Questo accadeva un anno fa a mio figlio mentre guardavamo Braccialetti Rossi. Il suo personaggio preferito era Rocco,
il più piccolo del gruppo e in coma. "Mamma perché non si sveglia?", "ehm... sì... ehm...
perché al momento non ha la forza di svegliarsi". Ha guardato tutta la serie rapito da questo personaggio che a bordo di una piscina era sveglio... poi però davanti i suoi amici, i dottori e perfino la sua mamma: niente. "Ma dorme sempre!". E quando poi si è svegliato per davvero era felice, con le lacrime agli occhi! "Rocco si è svegliato! Si è svegliato!!! Evviva!!!".

Personalmente ho un debito con Albert Espinosa, autore del libro che ha ispirato la serie televisiva Braccialetti Rossi. Prima della visione di questa fiction non credevo fosse possibile che i malati potessero fare simpatia. Un pregiudizio? Può darsi. Però è innegabile che generalmente i malati fanno pena, impressione e spesso vengono anche evitati. Parenti, amici, partner... fuggono. Chi si avvicina a volte lo fa per soddisfare la propria curiosità e poi sparisce. Qualcun altro non ha la forza di rimanere al fianco di chi soffre. E' così...
Vedendo l'apprezzamento del pubblico, sentendo l'attesa per la prossima puntata di un pubblico trasversale (adulti, bambini, ragazzi, nonni!) mi sembrava veramente un peccato mortale che qualcuno non avesse visto la serie. Così ad ogni amico o parente che non sapesse chi fossero i Braccialetti Rossi dicevo, scuotendo la testa: "eh caro mio, devi rimediare! Dici sempre che vuoi un mondo migliore e poi ti perdi l'occasione?".

E ha funzionato. Alcuni hanno visto la serie, qualcuno addirittura si è procurato i DVD, ma tutti gli amici sono stati avvisati. Quando qualcosa ci sta a cuore ci sbarazziamo presto della discrezione, almeno per me è così. 
Perché non è una fiction qualsiasi. E' la testimonianza che c'è vita in ospedale. Che tra una terapia e l'altra c'è attesa di miglioramento, desiderio di pensare e vedere altro. Che si ha sempre voglia di vivere la propria età anche durante la malattia, durante un ricovero. Solo un insider poteva dare vita a questo miracolo comunicativo e a molto altro ancora. Sapevate che dopo la visione della serie le visite negli ospedali pediatrici sono aumentate del 43%? Perché il messaggio è arrivato e con esso l'impegno a non essere indifferenti. Grazie Albert, grazie.

Se non avessi visto la serie non avrei trovato il coraggio sufficiente per condividere i miei pensieri col web. Perché ero sinceramente convinta che certi temi - la malattia, le terapie, la prevenzione e argomenti simili - fossero un po' deludenti, incapaci di interessare e creare simpatia. Ma per fortuna mi sbagliavo. :-)

Ecco un link prezioso: l'intervista di Fabio Fazio ad Albert Espinosa.

Nessun commento:

Posta un commento