lunedì 14 luglio 2014

"Loading... " Generation



Capita di aspettare. Alla posta, al supermercato, al casello dell'autostrada... la fila scorre? Benone! La fila è lenta? cerchiamo di capire perché... Ma quando tutto è fermo, sempre fermo, odiosamente immobile e assolutamente senza motivo, bhe... un po' te la prendi. E' normarle. Gli inglesi direbbero: "even the nicest
person's patience has a limit" (anche la pazienza della persona più gentile ha un limite). 

In questi giorni si compilano le domande per le graduatorie scolastiche. E' il mio contatto triennale con la burocrazia scolastica e italiana. Non è solo un mio terrore. Sono molte le persone che con pazienza certosina compilano i moduli faticosamente trovati "on line". Scrivono con penna tremante cose che sanno da una vita (nome, cognome, data di nascita...) e cercano di non fare errori, di non scrivere nello spazio sbagliato. E dopo avere consegnato il plico pregano, pregano tanto, che nulla vada per il verso sbagliato. 

Ma prima di scrivere ti informi, cerchi aiuto pratico e sostegno psicologico per compilare certe domande e così scopri altri lati oscuri di un'Italia marcia che veramente avresti preferito, non tanto non sapere, semplicemente che non fosse così. Facciamo però un passo indietro, giusto per dare a tutti gli elementi per capire. 

Nel misterioso mondo della scuola esistono delle graduatorie per poter insegnare, dette "prima", "seconda" e "terza fascia". La prima fascia è composta da gente che ha studiato con profitto, ha superato concorsi, ha insegnato per anni e anni, che ha maturato certi requisiti prima del 1996, ma non ha ancora una cattedra. La prima fascia è anche chiamata "ad esaurimento" perché, in caso di prossime assunzioni a tempo indeterminato, da lì verranno presi i nuovi assunti. Nella "seconda fascia" ci sono i nuovi abilitati. Nuovi? Sì, nuovi. Quelli che hanno superato il concorso del '99 o l'ultimo del 2012, oppure hanno conseguito dopo il '96 un titolo abilitante a caro prezzo, di soldi e di fatica. E in terza? In terza fascia ci sono gli aspiranti docenti che hanno il titolo ma non sono abilitati. Ad esempio chi è laureato in lettere, matematica o lingue, ma non ha superato nessun concorso e quindi non ha l'abilitazione. In virtù del titolo di studio però può insegnare. 

Tutto chiaro? Neanche per idea. E' normale... Se volete confondervi le idee ancora di più, nel tentativo di capire meglio, c'è questo link fantastico.

E chi insegna di queste fasce? Tutte e tre! A tempo determinato, ovviamente. Ogni anno gli organi  scolastici provinciali designano e incaricano il personale docente in funzione delle domande che hanno presentato e delle necessità delle scuole. E se ci sono delle supplenze vengono distribuite scorrendo le graduatorie di I, II e III fascia. Per ogni supplenza? Sì. Anche di un giorno? Certamente. E' così che anche io sono stata chiamata. E' così che un esercito di persone ogni giorno si mette in viaggio per un giorno di lavoro anche prima che venga contattato. 

E cosa c'è di sbagliato in questo? Se sei agli inizi di una carriera, se hai venti o trent'anni, forse nulla. Se invece hai famiglia, un affitto e il problema di mangiare e far mangiare ogni giorno i tuoi cari... è diverso. Servirebbe un po' di continuità, di stabilità. Quello che molti non sanno è cosa accade ogni giorno: l'attesa. Una volta vidi un'intervista di un signore che partiva alle 4 del mattino dalla provincia di Napoli per andare nell'alto Lazio perché spesso lo chiamavano per fare supplenze brevi. Aveva l'abbonamento con i treni e gli autobus della zona. Insegnava chimica e sul treno studiava perché ancora non sapeva cosa avrebbe spiegato alla classe. Per dirla tutta non sapeva neanche in quale istituto sarebbe andato: magistrale? scientifico? industriale? classico? Quindi per onorare il livello di competenza che si richiede ad un insegnante lui studiava. Ad esser precisi non sapeva neanche se quel giorno sarebbe stato chiamato. Per chi fantastica sullo stipendio di un insegnante soddisfo uno curiosità: SE ti chiamano quel giorno porti 50€ netti a casa, altrimenti, come nel suo caso, ti sei fatto un giro. Quindi questo Signore, ogni giorno, si metteva in viaggio nella speranza di lavorare; anche perché entro un'ora e qualcosa devi essere in classe. E quindi per non pagare due affitti, per non venir meno ai suoi doveri di padre e marito (essere presente...) preferiva fare il pendolare di notte. Mi chiedo: ma si può andare a lavorare con lo stesso spirito del giocatore d'azzardo? Bho.

Altra notizia destabilizzante: "Hanno titolo a presentare domanda di inclusione nelle graduatorie o a permanere nelle stesse colore che al 1 settembre nel relativo anno di vigenza non abbiano compiuto 65 anni". Per i più scettici ecco la fonte. Dietro questa licenza si cela una rude realtà: ci sono persone che a sessanta e più anni compilano le domande per le graduatorie... E scorrendo le graduatorie di tre anni fa che ancora sono pubbliche sono tante le persone over 50 che sono inserite. Alcune con punteggi irrisori altri con punteggi altissimi, a testimonianza del fatto che hanno insegnato e insegnano da anni! Quando si pensa al mondo dei precari si pensa che questi siano solo i giovani. No, non è così purtroppo.

Non so a voi ma a me questa cosa fa rabbia. La scuola come un altro settore... quanti concorsi bisogna vincere per poter lavorare? A cosa servono se poi non sono mai attuati? Il concorso del 2012 era stato indetto perché i nuovi insegnanti vincitori sarebbero dovuti essere operativi nel settembre 2013... Magari. Ancora oggi molte persone che hanno superato tutte le prove non hanno a disposizione la graduatoria definitiva, perché perennemente ritoccata, rivista, corretta, e riproposta e poi di nuovo posta sotto la lente dei sindacati, degli avvocati, di chi vorrebbe trovare un appiglio per fare ricorso... e così a seguire.

Così ci ritroviamo ad essere, per lungo tempo, una generazione in attesa. Una Loading Generation, appunto. Aspetti che il telefono chiami, che ti confermino la giornata, che ti paghino senza farla troppo lunga. Aspetti che arrivi un'occasione, il lavoro per cui sei portato, sei preparato. E nel frattempo il lavoretto diventa lavoro, occupazione e ossessione. E se sparisse pure questo? Della mia generazione (anni '80) sono poche le persone che svolgono il lavoro per cui hanno studiato. E' un delirio. Solo le parrucchiere fanno le parrucchiere. Tantissimi ripiegano in quello che trovano. Non siamo choosy come a qualcuno piace descriverci. E non lo scrivo chi ha detto questa fesseria. Questa gente merita l'oblio. Mi piace invece ricordare Margherita Hack che giudicava il precariato un atto masochistico. Lei si riferiva ai ricercatori scientifici. Credo però che il discorso possa essere esteso anche agli infermieri, alle hostess di volo, alle sarte, ai cuochi, agli informatici come ai docenti, ai traduttori come ai musicisti... in un certo senso a tutti coloro che lavorando acquisiscono esperienza, competenza, scioltezza e rapidità. Il nostro è un girare a vuoto. Un'attesa senza speranza.



Sono una persona mite, ma certe volte mi chiedo se la pazienza sia una virtù o un'auto-condanna. Perché un tempo i sacrifici e il duro lavoro venivano ricompensati. Oggi sono solo "il menu del giorno": primo e secondo.
Di cuore mi auguro che le nuove generazioni siano più pronte a premiare la classe dirigente in base ai risultati, agli strumenti messi in campo e non alle promesse. Molti si lamentano che questi giovani voglio "tutto e subito", non credono nel domani ma nell'ora corrente. Come dargli torto? "Non hanno un minimo di pazienza!"

Benissimo, sono un passo avanti. E questa è già una buona notizia.











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